Questo articolo è stato aggiornato il Novembre 13, 2012
Come ogni anno, l’11 novembre a Venezia si festeggia in modo molto coreografico e sentito la festa di San Martino.
I bambini, in tale data, diventano i protagonisti delle strade: indossano lunghi mantelli e spade, prendono mestoli, coperchi e pentole (che spesso attaccano al collo) e battono per attirare l’attenzione dei passanti o delle persone chiuse in casa, nella speranza di avere qualche soldino per potersi comprare i dolcetti desiderati.
Spesso accompagnano il tutto con canzoni e filastrocche, talvolta molto semplici, altre più complesse ma sempre in dialetto veneziano: famosa è quella che dice “Oh che odori de pignata, se magnè bon pro ve fazza, se ne de del bon vin, cantaremo San Martin” (Oh che odori di cibo, se state mangiando che vi faccia bene, se ci date del buon vino, canteremo San Martino).
Ma perché questa usanza? La leggenda narra di un santo, Martino, che, incontrando un vecchio povero e infreddolito ma non potendo aiutarlo con denaro, sguainò la propria spada, tagliò il proprio mantello in due pezzi e ne diede una metà a quel vecchietto. Poco dopo, il clima si riscaldò e, dalle nuvole, spuntò un sole radioso. Da qui il famoso detto “Estate di San Martino”, come vengono definite ancora oggi le belle giornate di novembre.
In occasione della festività, tutte le pasticcerie di Venezia preparano il famoso dolce di San Martino, una gioia per gli occhi e per il palato: ha la forma del santo a cavallo con mantello e spada e si realizza con una pasta frolla decorata con glassa di zucchero e praline.
In questo periodo si può trovare lo stampo di San Martino in tutti i negozi di casalinghi di Venezia. Può, inoltre, essere interessante abbinare la visita della città in festa alla Biennale di Arte o di Architettura che, ogni anno, apre una finestra sullo stato di fatto della cultura a livello mondiale.
La canzone più diffusa in questo giorno in realtá é “san martin ze ndá in sofita a trovar ea sò novissa, so novissa no ghe gera, san martin col culo par tera. E col nostro sachetin, cari signori ze san martin” intonata sulla melodia di “garibaldi fu ferito…” Un caro saluto a federchicca!
Troppo forte, grazie della precisazione! Marta