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Questo articolo è stato aggiornato il Aprile 9, 2014
Non si può raccontare la Giordania tralasciando Petra, eppure ho una sorta di timore a farlo, il luogo è troppo conosciuto, troppo antico, troppo meraviglioso per essere catturato dalle parole di una che ci ha passato solo una giornata. Però ci devo provare.
Intanto qualche consiglio pratico: Petra è a circa 250 chilometri a sud di Amman e la soluzione migliore è arrivarci con un’auto a noleggio, i prezzi non sono alti e la benzina costa la metà che in Italia oppure con un’auto guidata da un autista locale. Quest’ultima soluzione farà bene ai vostri nervi – la guida in questo paese è molto “disinvolta” rispetto al codice della strada, ma certamente vi toglierà tutto il fascino dell’on the road un po’ avventuroso… Comunque si può percorrere la Desert Highway, una quasi autostrada senza pedaggio, oppure optare per la spettacolare King’s Highway, una statale che attraversa villaggi, città anche turisticamente rilevanti e paesaggi assolutamente spettacolari.
Da qualunque parte ci arriviate, Petra pretende almeno un giorno dal visitatore e conviene che questo giorno inizi presto, per godersi la pace del sito e i vari cambi di colori legati alla luce che si riflette sulle famose facciate degli edifici.
Petra è solo l’antica città dei Nabatei, un enorme sito archeologico tutto da esplorare: le attrezzature turistiche – hotel, ristoranti ecc si trovano nel vicino villaggio di Wadi Mousa. Consiglio quindi di trovare un alloggio a Wadi Mousa, ce ne sono per tutte le tasche, e di entrare nel sito la mattina appena aprono le biglietterie alle 7.30. Il biglietto per un giorno costa 50 JD, cifra assolutamente sproporzionata rispetto agli altri siti giordani, ma giustificata dalla enormità del luogo; nonostante gli adesivi delle carte di credito abbaimo dovuto pagare in contanti. Chi arriva qui da Israele paga 90 JD; un biglietto per più giorni costa sensibilmente meno. Petra è su un terreno brullo e sassoso, tutta completamente esposta al sole: è necessario equipaggiarsi con scarpe da trekking, acqua da bere e possibilmente cappello.
Comunque varcata la soglia si comincia a camminare in una vallatina, che in breve si restringe drasticamente: si entra nel Siq, un canyon di pareti alte ed erte di arenaria dalle belle sfumature, dove si vedono i primi interessanti segni di questa civiltà, tipo le canalette scavate nella roccia per non perdere neanche una goccia di pioggia, oppure i resti dei maestosi bassorilievi che dovevano suscitare la – prima – meraviglia nei visitatori. Perché la vera meraviglia arriva dopo quasi 1,5 km di Siq, quando dalla fessura delle pareti si comincia a intravedere la maestosa facciata del Tesoro.
Non so come spiegare, la foto di quella facciata elegante e rosata l’abbiamo tutti vista e rivista, ma la sensazione è unica. In quel grande spiazzo, dove ci sono le prime bancarelle e i turisti che ci si fermano (come se Petra fosse finita lì) vengono giustamente assaliti da insistenti bambini venditori, comincia la magia di un viaggio nel tempo.
Il tempo dei Nabatei, artefici di una città meravigliosa e fiera, che resistette perfino a Alessandro Magno, che doveva stupire qualunque visitatore con le facciate strabilianti di tombe come cattedrali letteralmente tirate fuori dalla roccia gialla, rossastra, rosa, arancio, non si riescono a dire tutte le sfumature presenti. Una città con strade, colonnati, anfiteatro da 3000 posti, templi e sicuramente tante case di cui non rimangono tracce.
Molti sostengono che quello che è emerso dal suolo di Petra sia solo al punta dell’iceberg di ciò che è ancora sotto la terra e la sabbia di questo luogo incredibile. Ad ogni modo ci si perde camminando fra le tombe maestose, alcune semicancellate dalle intemperie, si imboccano scalinate infinite che portano sopra i monti che la circondano. L’impegno più gravoso è salire al Monastero, un altro edificio o meglio facciata gigantesca, di fronte alla quale si può solo tacere. Quassù si può gustare un caffè, sedere per ore in contemplazione, oppure salire su altre cime dove alcune tende dalle quali intraprendenti beduini promettono la “best view” sul paesaggio circostante.
Ovunque si incontrano i beduini con le loro bancarelle, si possono ascoltare le loro storie. Finchè non è diventata il museo a cielo aperto più prezioso di Giordania Petra era abitata dai beduini, che occupavano le cavità scavate nelle rocce o stavano nelle tende, facevano pascolare gli animali e che solo in tempi recenti sono stati gentilmente sgombrati per far posto ai turisti. E comunque voglio rassicurarvi, i cliché da turisti ci sono tutti, dalle carrozzelle ai muli ai cammelli per trasportarci, alla vendita di chincaglieria di ogni tipo; forse un po’ troppo turistica anche la versione by night, quando il sito è illuminato dalla luce di innumerevoli candele; non l’ho sperimentata, ma penso che non possa altro che aggiungere bellezza a questo luogo.
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