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Questo articolo è stato aggiornato il Aprile 9, 2014
Chiunque capiti a Molfetta in qualsiasi zona della città non può non notare il “chiacchiericcio” dei pappagalli che la abitano e ne rallegrano l’atmosfera. Ci sono stati avvistamenti di varie specie (tra cui i coloratissimi cocoriti alla località prima cala e conuri del sole ma principalmente a Bisceglie) ma in realtà le colonie più diffuse e stabili sono senz’altro quelle dei parrocchetti monaci.
Il parrocchetto monaco è l’unico pappagallo a creare dei nidi che usa anche come abitazione per tutta la sua vita: la loro giornata inizia la mattina presto, con le prime luci del sole e la passano alla continua ricerca di rami con cui rendere sempre più resistenti i loro nidi, quando il sole inizia a calare invece ritornano nelle loro abitazioni per poi riprendere le loro attività il giorno dopo, sono infatti pappagalli molto abitudinari. Normalmente i nidi diventano piuttosto estesi come dimensione, essendo l’insieme di nidi più piccoli, e quindi sono facilmente individuabili.
La specie è stata introdotta dall’America del Sud nella città durante la seconda metà del novecento come animali da compagnia, ma con la fuga di alcuni esemplari si è diffusa ampiamente in tutta la città arrivando a stanziarsi anche nelle città limitrofe (stazione di Giovinazzo), ed è molto facile inoltre trovarli nelle zone di campagna di Terlizzi e Ruvo di Puglia. Tutt’ora molti esemplari sono domestici, non è difficile trovare dei pulli caduti dal nido o in generale dei pappagalli in difficoltà che non riescono a risalire sugli alberi. Purtroppo questo ha anche determinato l’incremento della vendita a nero di questi pappagalli, rubati dai nidi per essere rivenduti come animali domestici a prezzi inferiori rispetto al normale costo proposto dagli allevatori onesti.
I parrocchetti monaci sono molto ricercati grazie alla loro grande adattabilità, sensibilità, intelligenza e nota simpatia che li rende una delle specie di pappagallo domestico più diffuse in tutto il mondo.
Tornando agli esemplari “randagi” è davvero molto facile vederli svolazzare per la città in cerca di rametti con cui arricchire i propri nidi, col loro tipico volo nervoso e scattante, tuttavia ci sono dei punti noti ai molfettesi in cui è ancora più semplice vederli, basta alzare lo sguardo (notoriamente, i pappagalli preferiscono stabilirsi in alto più che in basso): il seminario vescovile di fronte la villa comunale, la scuola media Corrado Giaquinto, la scuola commerciale, la prima cala, il palazzetto dello sport nella zona 167, la piazzetta della Madonna delle Rose, quest’ultima è senz’altro la più famosa oltre che una delle prima ad essere colonizzata.
Non è mai stato contato ufficialmente il numero dei pappagalli presenti in città, ma si tratta certamente di un numero davvero molto elevato. Anche nel resto di Italia troviamo colonie di questi pappagalli, in particolar modo a Roma (Villa Doria Pamphili), Genova dove è presente anche una colonia di parrocchetti dal collare e di amazzoni fronte blu e Napoli, ma non è solo l’Italia ad essere abitata da questi simpatici amici: sono presenti in molti stati europei e non, famosa ad esempio è la colonia di parrocchetti monaci di Central Park.
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Si saranno pure simpatici da vedere ma quando ti rovinano la raccolta di quei pochi alberi di mandorlo che sono rimasti e non ti fanno raccogliere più neanche un melograno e tanti tipi di altra frutta,allora diventa frustrante per una persona che per tutto l’anno ha curato il suo campo e poi lo vede rovinato da questa avifauna che non è autoctona ed io personalmente maledico la persona che per primo ha introdotto questi uccelli a Molfetta.
Pertanto sto chiedendo in giro se c’è qualcuno che mi dia un consiglio per poter frenare la proliferazione di questi animali che non sono di nessun aiuto per la natura del luogo.
P.S.
Immaginate di avere un nido che nel giro di pochi giorni passa da due elementi a diventare un condominio di 8-10 elementi a pochi metri (4-5) su di un albero di fronte la vostra camera da letto e che ogni mattina all’alba (cinque) ti sveglia con il casino che fanno non lasciandoti più riposare e poi ditemi che cosa ne pensate!!!!!!!!
Io ne ho distrutto il nido ma purtroppo continuano imperterriti a tornare e cercare di rifarlo per questo chiedo a chi conosce qualche metodo per eliminarli definitivamente di farmelo sapere(non ditemi di tagliare l’albero perchè è una risorsa di ossigeno)
Grazie!!!!!
Il fatto che abbia distrutto un nido, prima di informarsi a dovere, fa capire chiaramente che il suo interesse non é legato all’agricoltura né tanto meno alle natura autoctona o meno della specie, altrimenti saprebbe che esistono dei metodi più efficaci per salvaguardare le coltivazioni e molto meno invasivi per i pappagalli.
Esistono dei metodi che prevedono l’impiego di falchi addestrati ad hoc se non sbaglio, ma non é di certo compito della rete, né mio personale, quello di informarla in merito. Sarebbe bastato rivolgersi a dei veterinari specializzati o delle associazioni come la Lipu, sono sicura che le avrebbero dato informazioni più utili di internet e sicuramente più efficaci di quelle che avrebbe concepito da solo, non essendo esperto in materia.
I pappagalli ci sono, e come ha notato continueranno ad esserci. Rivendicare che la specie non sia autoctona quando sono decenni che vivono in Italia tantissime colonie, é veramente fuori luogo. Al di là di chi li ha introdotti, avrà notato che il clima é cambiato in favore di temperature più estreme, per cui é logico pensare che altre specie, diverse da quelle presenti 100 anni fa, iniziassero a proliferare. Non é di certo distruggendo i nidi che risolverà qualcosa.
Comprendo sinceramente la frustrazione per il suo raccolto ovviamente, ma questa non la giustifica da commettere azioni improprie. Le consiglio pertanto di trovare soluzioni presso enti realmente competenti.