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Questo articolo è stato aggiornato il Agosto 6, 2014
La linea è marrone, la numero 11 della metro che collega l’epicentro del turismo di massa con l’Est popolare della città. Nascosta dietro le vie haussmanniane e i monumenti di fama mondiale, Belleville è una Parigi più intima e segreta che compare lì dove il tumulto della capitale non si fa sentire.
Varcando i confini e inoltrandosi nelle vie impregnate dei profumi e dei sapori orientali, la ricchezza culturale la si avverte dai marciapiedi e dall’atmosfera da borgo provinciale che sussiste dietro le pesanti porte degli immobili che aprono su cortili in pietra e giardini privati.
Dagli anni ’20 accoglie differenti ondate di immigrazione asiatica, africana e dell’est europeo che trovano rifugio in Francia, dando vita ad un angolo multiculturale in cui tutto si mescola : le storie degli uomini come il decoro del quartiere. Appropriandosi di certi spazi, marcando il paesaggio urbano della loro presenza e conservando le tracce di un patrimonio materiale o immaginario, secondo i contesti e le loro possibilità, gli abitanti e i forestieri rendono Belleville un patchwork sorprendentemente vivace, una Parigi esotica, folcloristica, ornata.
A “Babelville” troviamo una moltitudine di ristoranti cinesi, (il più antico “Le President”, situato in in Rue de Belleville, risale al 1978), ma anche vietnamiti, brasiliani, marocchini, rwandesi, macellerie halal o casher ed épiceries esotiche che affiancano gallerie d’arte contemporanea e café concerto. E per le strade, la sera, i giovani di ogni razza e religione riscrivono nuove storie nei bicchieri di vino rosso fatto ondeggiare a ritmo di beat funk. E così, ancora una volta, l’immagine del rione si altera con l’arrivo una popolazione artistica appassionata di cosmopolitismo intellettuale, guadagnandosi il soprannome di BoBo (Bohême-Borghese) da parte dei media: Belleville si “connette” senza perdere il suo carattere multietnico e periferico.
A pochi metri da Boulevard de la Villette, Rue Deyorez illumina il passaggio con la sua esplosione di colori. Vero laboratorio all’aperto, la strada comprende opere provenienti da un meeting pot di artisti di stampo internazionale. Anche i residenti stessi hanno partecipato alla sua decorazione, e per dare un tocco di verde al confine con la strada hanno creato dei vasi fatti di mosaici in ceramica, specchi, smalti, conchiglie e oggetti vari. Aux Folies, in origine café-teatro crocevia di situazioni e incontri come Edith Piaf e Maurice Chevalier, oggi è il bistrot cult della via.
Pochi metri più su ed è già il paradiso: il parco Buttes-Chaumont, una straordinaria realizzazione del 1867 inaugurato durante l’Esposizione Universale. Situato su una collina riserva le più belle prospettive sulla capitale, grazie alla terrazza situata circa 30 metri di altezza per ammirare la meravigliosa vista panoramica di Parigi, della quale si vedono i monumenti del centro, in particolare Montemartre.
L’interno, con le sue grotte e cascate, un ponte sospeso e arroccato su un belvedere, conferisce uno charme particolare che invita ogni week end al relax e al divertimento tra amici e in famiglia, grazie anche alle animazioni per bambini e i punti di ristoro. La natura qui è la vera protagonista, con i colori degradè delle decorazioni floreali, fortemente orchestrate dai giardinieri che se ne prendono cura per tutto l’anno, e gli alberi esotici ed autoctoni che fanno da casa a molte specie di uccelli che condividono il territorio e si godono insieme il lago artificiale.
Ciò che rende piacevole la vita a Belleville è la spensieratezza, senza tracce di stress come nei rumorosi quartieri delle Halles o République. Ed è così che un’ altra faccia della capitale si scopre intorno le sue stradine: quella di una Parigi variegata e gioiosamente disordinata, che sarebbe una follia non conoscere.
Foto di Fabrizio Sciami, David Lytle, Céline, Gilles Klein, Ted Drake
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