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Lapponia svedese: cosa mangiano i Sámi

5 minuti di lettura
La Lapponia svedese e i Sami, la popolazione semi nomade che vive in queste zone. Ecco cosa mangiano e come si possono incontrare per conoscere le loro tradizioni anche culinarie.

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Questo articolo è stato aggiornato il Gennaio 12, 2020

Da bambina credevo che la Lapponia fosse un nome inventato per un paese di fantasia: immaginavo una sorta di isola-che-non-c’è, dove vivevano Santa Claus, i suoi aiutanti e le sue renne. Crescendo, ho scoperto che la Lapponia esiste, e che di renne ce ne sono parecchie. Quello che ho imparato più di recente è che si tratta di una regione scandinava che si estende attraverso quattro paesi: la Norvegia, la Svezia, la Finlandia e la Russia. Con questo post vi porterò ad esplorare la Lapponia svedese.

Hemavan, villaggio della Lapponia svedese

Il mio viaggio mi porta a Hemavan. Un villaggio sperduto nel cuore della Lapponia svedese. Come mi fanno notare le persone che mi accompagnano durante la mia avventura, il nome corretto di questo territorio immenso e incontaminato è Sápmi, mentre i suoi abitanti si chiamano Sámi.

Universalmente sono noti come lapponi, ma in realtà in Scandinavia la parola laps significa “stracci”. Dunque, gli abitanti della regione erano considerati dei pezzenti. Questo perché per tradizione i Sámi sono una popolazione semi-nomade dedita all’allevamento delle renne. Ed è per saperne di più sulla carne di renna e sulle tradizioni gastronomiche del Sápmi che parto all’alba dall’aeroporto di Arlanda a bordo di un bimotore a elica diretto all’estremo nord del paese.

Come organizzare un viaggio in Lapponia

Organizzare un viaggio in Lapponia non è semplice: parto da Linate con un volo diretto per Stoccolma-Arlanda di Scandinavian Airlines. Arrivo nel primo pomeriggio: troppo tardi per la connessione tra Arlanda e Hemavan, che opera un solo volo diretto al mattino. Passo dunque la notte in un hotel non lontano dall’aeroporto, il Tre Rosor Pensionat: un hotel senza pretese, con tariffe non troppo elevate e una buona posizione vicino all’aeroporto. Il mattino successivo salgo a bordo del bimotore della Next Jet e, dopo un paio di ore, atterro a Hemevan.

L’incontro con la guida

Qui, sulla striscia di asfalto nel mezzo del nulla, mi aspetta Johán, che mi farà da guida nei prossimi giorni. Mi accompagna all’Hemavans Högfjällshotell. La camera è decisamente minimal: un letto singolo, una sedia e un bagno senza nemmeno uno scaffale. Il tempo di mettere un paio di scarpe da ginnastica e una maglia termica e sono pronta a partire.

Lapponia svedese: chi sono i Sámi

Siamo diretti in un posto ancora più remoto, dove incontrerò i Sámi nel loro accampamento. Johán, la mia guida, fa parte del Parlamento Sámi, che rappresenta 80.000 lapponi. Durante la stagione fredda trascorrono il tempo nei cottage tra montagne e foreste, mentre durante i mesi estivi vivono nelle tende per seguire le migrazioni delle renne. Guidiamo attraverso la desolazione più totale, mentre Johán mi racconta di un’importante battaglia vinta dai Sámi. Per anni si sono contesi i territori con i proprietari terrieri. Questi ultimi cercavano infatti di impedire il passaggio dei pastori e delle loro renne, ma la corte suprema ha dato ragione ai Sámi, garantendo loro il diritto esclusivo alla terra.

I Sámi hanno una loro lingua, un parlamento, una bandiera e delle tradizioni gastronomiche ben precise, diverse da quelle dei paesi sui quali si estende la Lapponia. Alcuni tratti sono comuni, ma alcune caratteristiche sono tipiche proprio di questa popolazione nomade. Sicuramente la bellezza del paesaggio e della natura in cui vivono i Sámi è qualcosa che non ho mai visto prima. Le montagne coperte di neve, il cielo grigio pallido e le tende degli indigeni.

I Sámi ci stanno aspettando: donne, uomini e bambini con gli abiti tradizionali nei colori blu, giallo, rosso e verde, gli stessi della bandiera, formata da un cerchio rosso che simboleggia il sole su uno sfondo blu.

L’accoglienza dei Sámi

Vengo invitata a entrare nella lavvu, la tenda più grande dell’accampamento. Lasciano che mi accomodi sulle pelli di renna sistemate a terra, intorno a una stufa dove le donne hanno messo a scaldare un liquido fumante. Mi sussurrano il nome dell’accampamento, quasi fosse un segreto, e mi spiegano come la loro vita ruoti intorno alle renne. Le seguono in ogni stagione, fino in cima alle montagne e attraverso le foreste. Nel frattempo viene servita una bevanda dal colore simile al caffè e dal sapore indefinibile: è forte e amara, e viene prodotta facendo bollire una decina di erbe selvatiche. Si accompagna a un dolce a base di rabarbaro che ho appena il tempo di assaggiare perché è ora di partire. I Sámi mi mostreranno come procurarsi alcuni degli ingredienti essenziali della loro cucina.

Camminiamo lungo un ruscello, seguendo uno stretto sentiero quasi invisibile. Mentre io avanzo a fatica, cercando di non inciampare su sassi e radici, gli indigeni sono agili. Chi allunga una mano per raccogliere l’acetosella, ricca di vitamina C. Chi strappa qualche fiore di mirtillo da mangiare appena raccolto; chi si occupa di procurarsi l’angelica, i cui gambi vengono canditi.

L’incontro con le renne

Dopo mezz’ora di cammino arriviamo a una seconda radura, dove finalmente le vedo: le renne sono davanti a me. Maestose, con le loro pesanti corna e i loro occhioni malinconici. Non sono spaventate dalla mia presenza, al punto tale che riesco ad avvicinarmi e accarezzarne le corna ricoperte di morbido pelo.

Un anziano mi spiega che la carne di renna è una delle più pure e pregiate: è ricca di vitamine, minerali e omega 3. Inoltre, gli animali vivono in un ambiente incontaminato nutrendosi di erba, licheni e corteccia. La carne viene consumata fresca, salata, o affumicata, ma la preparazione più tradizionale è il suovas. Che si ottiene salando la carne e facendola affumicare sul fuoco diretto, in una tenda. Il suovas viene poi tagliato a fette e servito insieme a funghi o bacche.

Cosa mangiano i Sámi

Quando torniamo alla radura, nella luvva ci aspetta un pasto a base di suovas. Viene presentato esattamente come lo consumano i Sámi durante le loro migrazioni: a fette sottili, quasi essiccato. Odora di fumo di legna e si mangia con le mani, seduti a terra intorno alla stufa dove è stato messo a scaldare il pane non lievitato. Il tutto si accompagna alla salsa di cloudberry. Si tratta di una bacca simile al lampone ma dal colore giallo pallido, che cresce nella tundra delle regioni subpolari.

Una serata unica

Nel frattempo si fa sera: il cielo ha assunto uno strano colore bianco-grigio, e la temperatura è scesa. Nell’aria c’è odore di neve: non mi stupirei di vedere i primi fiocchi bianchi volteggiare al di fuori della luvva. Le pelli di renna e il fuoco della stufa ci scaldano, ma gli spifferi di aria fredda entrano ugualmente tra le fessure della tenda. Ci pensano i Sámi a scaldare l’atmosfera, intonando uno joik, un canto tradizionale che è una via di mezzo tra una preghiera pagana e una poesia. Secondo un’antica leggenda indigena, sono state le fate e gli elfi delle foreste artiche ad aver insegnato lo joik ai Sámi.

Un’altra tazza di infuso di erbe selvatiche ed è ora di partire, prima che faccia buio: mi dispiace, perché vorrei ancora passare un po’ di tempo in questo posto fuori dal mondo, tra renne, fate ed elfi.

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Informazioni sull'autore
Originaria di un piccolo paese della provincia piemontese, dove vive da sempre. Lavora in un ufficio in una stradina secondaria, ma immagina di abitare a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non sa cucinare, ma adora mangiare. Conosce posti nuovi attraverso il cibo e le tradizioni culinarie. Non riesce a fare a meno di raccontare quello che ha scoperto agli altri.
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