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Cinque cose da fare a Cherasco, in Piemonte

4 minuti di lettura
Cinque cose da fare e da assaggiare a Cherasco, in Piemonte. Non solo castelli nella terra dei Savoia, ma molto, molto di più, vieni a leggere la lista delle cose da fare e prenota il tuo viaggio in Piemonte.

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Questo articolo è stato aggiornato il Luglio 4, 2016

Può sembrare difficile crederci, ma il piccolo comune piemontese di nemmeno 10.000 abitanti ha un passato all’altezza di Versailles o Fontainebleu. La città di Cherasco, già esistente ai tempi dei romani, giocò infatti un ruolo fondamentale durante le guerre napoleoniche: è qui che nel 1796 venne firmato l’armistizio di Cherasco. Sottoscritto da Napoleone, il trattato ridisegnò i confini europei e mise fine alle ostilità tra la Repubblica Francese e il Regno di Sardegna.

È un piccolo paese ricco di storia e arte, ma in una giornata ci si può concentrare su cinque cose.

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Gli archi

Impossibile attraversare Cherasco senza passare sotto uno dei due archi che sembrano fare da guardia al piccolo paese. Quello più imponente è l’Arco del Belvedere, costruito per volere di Vittorio Amedeo I di Savoia nel 1647, quando la corte si rifugiò a Cherasco per sfuggire all’epidemia di peste scoppiata a Torino tra il 1630 e il 1631. A nemmeno un chilometro di distanza, dalla parte opposta della stessa via, si apre l’Arco di Porta Narzole. È molto più recente rispetto a quello del Belvedere, ma non fu terminato per via dello scoppio della guerra. I due archi racchiudono secoli di storia negli edifici che si affacciano su Via Vittorio Emanuele: l’Ospedale degli Infermi, riconosciuto già nel 1460 come casa di cura; il Palazzo Burotti di Scagnello, edificio storico del XVII secolo; la Chiesa della Madonna del Popolo, caratterizzata dalla facciata di mattoni a vista, simile a quella di un altro edificio storico, il Palazzo Brizio di Veglia. A pochi passi si trova la Torre del Municipio, decorata con due meridiane e un lunario che indica le fasi del sorgere e del tramontare della luna.

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Palazzo Salmatoris

Per molto tempo fu considerato uno degli edifici più prestigiosi di tutta la provincia. Deve il suo nome ai fratelli Salmatoris: nel Seicento si occuparono dei lavori di ristrutturazione del palazzo quattrocentesco che fu dimora dei Signori di Manzano. Da allora ha subito una sorte altalenante: qui venne custodita la sindone all’inizio del 1700, mentre durante le due guerre venne trasformato in dormitorio e gravemente danneggiato dai soldati. Da poco più di trent’anni è di proprietà del Comune, che lo utilizza per allestire mostre ed esposizioni. Negli anni Novanta ha ospitato opere di artisti come Picasso, De Chirico, Guttuso, Chagall e Magritte. Dal mese di aprile una sala è stata ristrutturata e interamente dedicata a Romano Reviglio, pittore cheraschese che per tutta la vita fu legato in maniera profonda al suo paese di origine, sempre al centro delle sue opere.

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La comunità ebraica e la salsiccia di Bra

Sono passata in Via Marconi centinaia di volte, e mai mi sono accorta della presenza di una sinagoga nel centro di Cherasco. Il numero civico 6 è un palazzo intonacato di un colore tra il grigio chiaro e l’écru, con un portone di legno che passa del tutto inosservato. È il cuore di quello che un tempo fu il ghetto ebraico di Cherasco e, come spesso avveniva con le sinagoghe nei ghetti, l’aspetto esterno doveva essere il più sobrio possibile per non svelare quello che si trovava all’interno. In netto contrasto con la facciata, la sala di preghiera è riccamente decorata in stile barocco piemontese, con sculture in legno intagliato, dipinti e iscrizioni ebraiche. Nel corso del Novecento la comunità ebraica di Cherasco andò via via scomparendo, pur essendo stata nel Cinquecento una delle più fiorenti della zona. Al punto tale che un Regio Decreto del 1847 autorizzò i macellai della vicina Bra a produrre la salsiccia – comunemente realizzata con carne di maiale – utilizzando solo carne bovina. Fu un caso unico in Italia, dato che all’epoca la produzione di salsiccia bovina era vietata addirittura dallo Statuto Albertino. È dunque grazie alla comunità ebraica di Cherasco se la fama della salsiccia di Bra, ora prodotta all’80% con carne bovina e al 20% con pancetta di maiale, ha oltrepassato i confini non solo della città ma dell’intera regione.

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I Baci di Cherasco

Come la maggior parte dei piccoli paesi del Piemonte, anche la città che ospitò Napoleone è nota per la produzione di dolci, che anche in questo caso si chiamano baci. Si tratta di un nome condiviso con le specialità dolciarie di almeno un’altra ventina di città vicine, ma i Baci di Cherasco si differenziano dagli altri per gli ingredienti e la tecnica di produzione: vengono utilizzati infatti esclusivamente cioccolato fondente e nocciole della varietà tonda gentile di Langa tostate in forno a legna. Il risultato è un piccolo cioccolatino dalla forma irregolare e dal sapore impareggiabile, prodotto solo da due pasticcerie: Barbero (il suo fondatore fu proprio l’ideatore della ricetta dei Baci nel 1881) e Ravera. I Baci sono ottimi a fine pasto, ma bisogna tenere presente che una volta assaggiati è impossibile smettere!

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Osteria La Torre

Dopo un pomeriggio trascorso a passeggio tra le vie di Cherasco, la migliore conclusione della giornata è la cena a La Torre. È un’osteria a gestione famigliare, dove si respira l’aria di una volta: i mattoni a vista alle pareti, il carrello dei formaggi, i quadri di pittori locali alle pareti, il menu del giorno raccontato a voce. Mentre in cucina Marco e il figlio si occupano della preparazione dei piatti realizzati con prodotti stagionali, i loro colleghi in sala danno consigli sul vino e sul cibo. La regola principale è il rispetto del territorio e, in quest’ottica, non mancano mai i piatti a base di lumache, il cui allevamento ha reso famosa la città. Ottime in cocotte alla parigina, ma anche in umido. Per chi non ama le lumache, da non perdere la cipolla ripiena con salsiccia di Bra, l’uovo con asparagi e fonduta, gli gnocchi al Castelmagno e l’agnello al forno. Se il tempo lo permette si può mangiare nel dehor allestito nel cortile interno, dove per un paio d’ore si dimentica qualsiasi preoccupazione: il rumore delle macchine sulla strada è distante, l’afa della giornata ormai un ricordo lontano. L’unica cosa che conta è l’aria fresca, il vino bianco e i fiori di zucchine ripieni di acciughe.

Un ultimo consiglio per chi arriva da lontano o per chi desidera immergersi completamente nell’atmosfera cheraschese: non mancano i B&B in centro e nelle frazioni limitrofe, ma per chi preferisce i confort di un albergo, allora le opzioni con un ottimo rapporto qualità prezzo sono l’Hotel Somaschi e il Napoleon, entrambi in pieno centro.

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Informazioni sull'autore
Originaria di un piccolo paese della provincia piemontese, dove vive da sempre. Lavora in un ufficio in una stradina secondaria, ma immagina di abitare a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non sa cucinare, ma adora mangiare. Conosce posti nuovi attraverso il cibo e le tradizioni culinarie. Non riesce a fare a meno di raccontare quello che ha scoperto agli altri.
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