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Milano per chi odia Milano – come sopravvivere

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Questo articolo è stato aggiornato il Luglio 14, 2014

Primo step – la diagnosi: catalogare il proprio odio per Milano

Se odi Milano perché odi il suo cielo grigio, il clima umidiccio, il rumore ovunque, la metropolitana sporca e che fischia e che uccide cellule delle tue orecchie che non si ripristineranno mai più, se la odi per i suoi prezzi ingiustificati, per i suoi palazzi spesso insulsi e le sue strade desolate appena fuori dal cerchio magico del lusso, sei sulla strada giusta. L’odio per Milano è una cosa sana, di cui vantare il morbo. Ma quanto detto finora non basta. Se il tuo odio per Milano si limita qui sei ancora molto molto lontano dalla salvezza. Anzi, se invece di venirti in mente un’aggiunta che inizia con “ma soprattutto” e te ne viene in mente un’altra che inizia con “ma tuttavia”, sei fuori strada. Anzi, forse è meglio che tu smetta di leggere questo post, visto che con ogni probabilità tu sei il nostro “ma soprattuto”.

Mi spiego: odio tutto quanto annoverato qui sopra e probabilmente mi dimentico di qualcosa (la pizza fatta di cartone? l’acqua del rubinetto che non darei a bere nemmeno al mio gatto?le zanzare?le polveri sottili?), ma soprattutto odio…la milanesità.

Ora, se leggendo la parola “milanesità” ti è perfettamente chiaro il concetto, il tuo odio per Milano è di serie A e questo post è indirizzato A te più che mai. Se invece ti è spuntato un “??” sopra alla testa, sono pronta ad offrirti un’ultima possibilità spiegando brevemente cosa intendo con “milanesità”. La milanesità comprende un entusiasmo per Milano in quanto nome (intendiamoci: quell’entusiasmo della frase “oh, son di Milano”), decantando le possibilità che offre Milano riferendosi all’aperitivo in Corso Como da 15€ e alla serata al Just Cavalli con tavolino e privè. Comprende un particolare compiacimento per un’illusione di “esclusività” in ogni cosa, ricadendo invece in una omogenea e soffusa luce blu (regola n° del turista in città: mai fidarsi di un locale con soffuse luci blu). La milanesità comprende poi il non salutare i propri vicini di casa incrociati per le scale e non chiedere scusa a chi si scontra in metro. Prevede un buon livello di fighettaggine in ogni situazione che può sfociare dei due estremi: quello con la tracolla di LV o il radical chic. In locali e ristoranti rende tutto minimal, speudo esclusivo, molto costoso, nient’affatto necessariamente buono (se ti va bene, è tutto almeno molto sano). La milanesità è quella che crea i cult di Milano (ovvero esattamente quelli di cui non parleremo in questo post).

Se ancora non ci siamo capiti cercherò di uscire da ogni facile e milanese replica: nella milanesità ci rientra pure l’alternativo coi dred seduto per terra in Colonne con la birra. Io personalmente sono pure appassionata di moda, sono abbonata a Vogue e seguo i fashion blog. Mangio il gelato di Grom e faccio l’Università privata. Quindi non sto andando contro un cliché per difenderne un altro – me la sto prendendo con i Cliché tutti – i clichè che regnano su Milano.

Secondo step – le possibili cure

Benissimo, ora che abbiamo stabilito i sintomi e i parametri della malattia ecco cosa fare perché la malattia non uccida i poveri studenti/lavoratori/precari/girovaghi che sono capitati a Milano e si sentono inghiottire ogni giorno di più nella voragine della metro verde che sembra sempre di più essere vicino al centro della terra.
Chi è invece affetto da milanesità è pregato di interrompere la lettura. I luoghi qui sotto indicati sono sacri a chi rifugge voialtri e mai vorrebbe che anche questi ne vengano infettati.

Metodo 1: fingere di non essere a Milano

Come fingere di non essere a Milano? scappando i suoi luoghi più comuni e celebri, scappando dalla Madonnina e dai Navigli. Si può? certamente, ma è più comodo per chi ha la macchina (no, il suggerimento non è “salite in macchina e scappate”, perchè in questo caso, in tangenziale, vi sentireste più a Milano che mai).

Il luogo che vi farà sentire meglio si chiama “Osteria Alla Grande“, perchè per una volta il nome vuole essere una garanzia. Il sito sembra scritto da un pazzo o da un genio. Non fatevi intimorire dalle immagini e dagli oste fisicamente repellenti, ma pensate bene allo sloga iniziale: “Ultima roccaforte contro hamburger, cibi per vegetariani, caffé d’orzo e per chi è a dieta!” e alle parole che concludono la presentazione: “Qui i prezzi, sia per la qualità, sia per la quantità, sono decisamente inferiori rispetto a Milano. Coperto: paghiamo noi, primo abbondante 8€, secondo con contorno 13 euro, vino sfuso, ottimo, 7 euro, bottiglie 10 euro, dolci 4 euro, grappe 3 euro. A mezzogiorno si pranza a menu fisso spendendo 9 euro, bevande escluse”.

Ora che abbiamo inquadrato il luogo vi posso dire che l’Osteria è carinissima, ben arredata, con un gusto ormai antico, dove si vede che la tradizione regna sovrana. Non esiste luogo meno milanese di questo e forse il più fedele a Milano di tutti, se ancora esiste una Milano fuori dalla milanesità. Infatti i piatti sono quelli della tradizione lombarda e sono cucinati, “come Dio comanda”. Io mi sono trovata benissimo, mangiando fino ad esplodere e ho speso 28€ in tutto (NB: fino ad esplodere). Lo consiglierei a tutti, per ogni tipo di occasione, il luogo ha un clima alla mano, ma non è spartano. E’ curato e piacevole. Un po’ fuori mano per chi gira a piedi e coi mezzi: via delle Forze Armate, 405.

Per chi è senza macchina invece suggerisco un altro luogo che palesemente non appartiene a Milano: la pizzeria da Aldo. Per chi non è di Milano è, visivamente, la più normale delle pizzerie. Per i milanesi probabilmente si tratta di un ultramondo. Segni particolari: la pizza è buona e a Milano non è automatico (diciamo che è un miracolo). Inoltre i prezzi sono bassi e l’ambiente non è nè fighetto nè alternativo. Si sta bene si mangia bene e si spende poco. Che volete di più? E’ pure in centro, a due passi da P.zzale Cantore, tra Sant’Agostino e i Navigli.

Metodo 2: caccia alla qualità

Se non avete modo di fuggire dalla milanesità, almeno non lasciatevi imbambolare da luci e lustrini per spendere molto e mangiare pure male. Ci sono luoghi milanesissimi di pessima qualità ed altri che, invece, lasciano soddisfatto non solo il ristoratore, ma anche il ristorato.

Uno di questi, di recentissima scoperta è Nerino 10, una trattoria in pieno centro (Via Nerino è una bellissima traversa di Via Torino, a due passi dal Duomo) che nel menu (stagionale) mescola la tradizione milanese ai sapori del Sud. Si mangia sia carne sia pesce e – soprattutto – si mangia benissimo. Servizio eccellente, camerieri esperti e disponibili. Vini ottimi. I bucatini cacio e pepe con guancialetto sono commoventi e se avete il coraggio potrete mangiare le cozze abbinate ai sapori più impensabili. Prezzi medi (antipasti sugli 8€ primi e secondi tra i 12 e i 15).

Altro luogo piacevolissimo e in cui non si può restare delusi è Acquasala, ristorante pugliese nel cuore dei Navigli (Ripa di p.ta Ticinese, 71). L’ambiente è elegante e curato, ma non risulta affatto freddo. Al contrario è caldo ed accogliente. La cucina è ottima, per chi ama i sapori del mediterraneo – consultabile online (con tanto di ricette) per chi vuole farsi un’idea. Il menu è ricco e fedele alla tradizione per qualità dei prodotti e semplicità. Prezzi altini, per quando ci si vuol trattare bene (quanto meno, son prezzi giustificati).

Metodo 3: se non puoi sconfiggere il nemico, rendilo tuo alleato

Nei luoghi più milanesi possibili, talvolta si cela qualcosa che, quantomeno è più piacevole di altro. Se il nemico è intorno a voi, alleatevi a lui, continuate a schifare la milanesità e puntate gli occhi su Milano (come spiegato, le cose differiscono). Ecco che la vista si aprirà su alcuni angoli di Brera, della zona di Turati e di Porta Venezia, di Sant’Ambrogio e dei Navigli. Rendetevi impermeabili agli attacchi dei luoghi comunissimi e se oltre alla milanesità qualcosa (di bello) resta, allora c’è speranza.

A cavallo tra Milano, Parigi e New York, c’è Di Viole Di Liquerizia, la paticceria/sala da tè dietro all’accademia di Brera, in una delle zone più belle di Milano. Oltre ai meravigliosi tè di Mariage Frère (gli unici tè possibili) troverete macarons e marmellatine, cupcakes e biscotti, torte della nonna e frutti di bosco. Una mescolanza di tradizioni diverse legate dal filo rosso dell’immagine tipica della “cucina deliziosa” un po’ country, un po’ chic, un po’ nonna papera. Insomma un luogo piacevolissimo per una pausa alternativa all’happy hour.

Per il drink prima o dopo cena nel cuore della zona di Sant’Ambrogio (Via Edmondo De Amicis, 22) c’è il caffè della Pusterla, un locale a cui si accede da un cancello che vi farà immergere in un verde cortiletto circondato da piante che minimamente aiutano a dimenticare strade e traffico. Ottima scelta di drink e vini, carino il locale e piacevole l’ambiente. Aperto fino a tardi, niente luci blu o musica a volume troppo alto.

La vecchia Milano è facilmente reperibile nell’ultraelegante caffè-pasticceria Cucchi, locale storico italiano fondato nel 1936 e da sempre all’angolo tra Corso Genova e Piazza Resistenza Partigiana. Pasticceria dolce e salata, vini, caffè e – quando è tempo – panettoni. Ciò che vince, oltre al gusto e alla tradizione è l’atmosfera data dall’arredo rinnovato negli anni ’50 e alla continuità della sua gestione, ancora nelle mani della stessa famiglia, dando al locale un ancora più forte senso della storia di Milano – quella vera.

E qui si conclude la nostra miniguida un po’ fuori dalle righe, di Milano. Tranquilli, non smetterete di odiarla. Ma inizierete a respirare (non solo smog). Post di Costanza Saglio.

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