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Alicudi: il regno del silenzio

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Questo articolo è stato aggiornato il Giugno 30, 2014

alicudi

Secondo giorno di #eolietour13: si parte alla scoperta di Alicudi. Ci imbarchiamo sul traghetto con il tempo incerto: il sole si nascondeva tra le nubi, il vento cercava di spazzarle via ed il mare sembrava grigio e spento. Insomma, non si prospetta una bella giornata.

Il vento forte mi suggerisce di mettere su un golfino e mentre raggiungiamo la nostra meta, mi perdo nei miei pensieri guardando in lontanza le altre isole. Mi è rimasta impressa l’immagine di Stroboli avvolta da una patina azzurra che le conferiva un tono angelico.

La prima tappa è Alicudi: scendiamo dalla nave e approndiamo al piccolo porticciolo. Le nuvole grigie ci danno il benvenuto, oscurando i colori delle barche dei pescatori distese sulla sabbia come tanti bagnanti in cerca di sole. Improvvisamente mi sento avvolta dal silenzio assordante: non sono abituata all’assenza di caos e tutto questo mi fa sentire quasi in pericolo.

Sì perchè ad Alicudi non c’è spazio per auto, motorini o qualsiasi altro mezzo di locomozione rumoroso: l’unico “rumore” di locomozione è il ticchettio degli zoccoli dei muli. Un ritorno alle origini, al passato, all’essenza della vita e della natura. Non ci sono strade se non una mulattiera che incorona l’isola: saliamo le scale e nonostante le nuvole, riusciamo a scorgere tra i tetti delle casette un paesaggio incontaminato che tanto ricorda a i quadri paesaggistici di altri tempi. I tetti delle case sembrano dei contenitori e la mia intuizione non mi porta fuori strada: sono stati concepiti in modo tale da poter raccogliere l’acqua piovana, unica fonte idrica per l’isola.

A spezzare il silenzio la musica prodotta dalla televisione: un richiamo alla frenesia quotidiana; un suono familiare che diventa sempre più lontano man mano che saliamo i gradini della mulattiera. Ad indicarci la strada un triangolino blu disegnato sulle pietre che costituiscono un piccolo cordone di cinta. Tutto è illeso ed immobile: i gatti radagi, le piante cresciute in libertà, le casette bianche sono tutti sudditi di un’era a noi ormai sconosciuta.

Durante la nostra passeggiata incontriamo alcuni abitanti del posto che ci raccontano la loro vita. I collegamenti con le altre isole si intensificano solo con la bella stagione: inverno, invece, con il mal tempo i collegamenti possono saltare ed Alicudi rimane sola con la sua ottantina di abitanti. Rimango basita dal loro attacamento alla terra: rimane lì sebbene non ci sia un ospedale; rimane lì anche se si può rimanere isolati per giorni.

Mentre mi interrogo su quanto possa essere forte l’attaccamento alla terra di queste  persone salgo sull’aliscafo e lascio Alicudi, con il suo fascino fuori tempo e selvaggio.

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Viaggiatrice per scelta e per sbaglio, da cinque anni al termine casa ha legato ben quattro città diverse: Napoli, Urbino, Roma e Barcellona. La valigia è il suo accessorio preferito, ma anche le borse capienti! Napoletana doc, le piace viaggiare alla scoperta del Sud
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