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Bra in Piemonte, cosa fare
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Cinque cose da fare a Bra, in Piemonte

6 minuti di lettura
Cosa vedere a Bra, cosa non perdersi, dallo Slow Food alla manifestazione Cheese, fino al Caffè Converso, pranzo e cena e tutto quello che non bisogna mancare di assaporare per un weekend eccezionale a Bra, in Piemonte.

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Questo articolo è stato aggiornato il Settembre 25, 2020

Undici verticale: la città natale del Santo Cottolengo, tre lettere. Non ho dubbi: è Rho. Lo scrivo nelle caselle, poi passo a controllare gli incroci in orizzontale. Nel Medioevo un combattimento di uomini a cavallo, sei lettere. Torneo, è semplice. Ma qualcosa non mi torna: la tohneo? Eppure, è giusto torneo, ed è giusto anche Rho.

A meno che il Santo Cottolengo non sia nato in un’altra città di tre lettere. Possibile che sia Bra? Se fosse così, nell’incrocio orizzontale avrei torneo invece di tohneo. Allora San Giuseppe Benedetto deve proprio essere nato nella stessa città in cui vivo. È quindi la vergogna che mi spinge a decidere di dedicare un po’ di tempo alla scoperta di questo paesone di 30.000 abitanti. Per permettere a Bra di dare il meglio, mi concentro su una lista delle cinque cose che amo di più, e che consiglierei a chi volesse trascorrere un fine settimana nella mia città.

"Cheese 2007"

Slow Food e Cheese

Un altro braidese illustre è Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, associazione a cui diede vita nel 1983. In poco più di trent’anni il movimento della chiocciola ha varcato i confini di Bra e dell’Italia. Con oltre 100.000 associati in tutto il mondo, Slow Food difende il cibo in 150 paesi, promuovendo il rispetto verso i produttori e verso l’ambiente. E il suo impegno viene messo in pratica con Cheese, quando per quattro giorni Bra diventa la capitale mondiale dei formaggi.

All’ultima edizione hanno partecipato 300 espositori da 23 paesi: come sempre, il mio rammarico è di non riuscire a comprare tutti i formaggi che amo, di non avere il tempo di parlare con quei produttori che per la prima volta hanno lasciato il loro villaggio dall’altra parte del mondo, e di essere arrivata allo stand del motal, un formaggio armeno conservato in un’anfora di terracotta, quando ormai tutte le scorte erano esaurite. Perdo almeno un’ora nell’area di Neal’s Yard Dairy, il negozio di formaggi inglesi che vende il miglior Cheddar a latte crudo e uno Stilton da far venire le lacrime agli occhi.

Spendo una cifra vergognosa tra formaggi e birre inglesi, ma c’è un lato positivo: Cheese è una manifestazione che si svolge per le vie di Bra, per cui non c’è bisogno di pagare il biglietto di ingresso. In questo modo, anche se non si ha intenzione di comprare i prodotti dagli espositori, è possibile passeggiare per le stradine e le piazze della città, che per qualche giorno si trasforma e apre le sue porte ai visitatori, rendendomi orgogliosa di essere braidese.

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Il Caffè Converso

Ogni volta che parlo con qualche amico straniero spendo parole e parole per spiegare che in Italia il caffè, soprattutto a colazione, si prende al banco. Non ci si siede a un tavolino di plastica davanti al laptop, né si cammina a passo spedito con l’iPhone in una mano e un bicchiere di polistirolo nell’altra. Il primo caffè del giorno si prende in piedi, in una tazzina di ceramica, al banco del bar. E si beve tutto d’un sorso. Cerco di farlo capire a chi non vive in Italia, ma poi arrivo da Converso e non riesco a metterlo in pratica. Ogni volta che entro in questo bar storico mi lascio affascinare dall’arredamento classico, dagli antichi specchi resi opachi dal tempo e dalle boiserie in legno di ciliegio.

Prendo posto su una delle sedie rivestite di pelle e mi lascio tentare dalla vetrina dei dolci. Probabilmente qui tutto è rimasto immutato dall’inizio del Novecento, quando Felice Converso aprì la pasticceria che ancora oggi porta il suo nome. Ordino un caffè e un croissant glassato, talmente burroso che quasi si scioglie in bocca. La scelta dei dolci varia a seconda del periodo dell’anno: i salami dolci e le uova di cioccolato a Pasqua, i pandori e i panettoni artigianali a Natale, la torta alle pesche d’estate. Il resto dell’anno la costante è data da quelle che noi piemontesi chiamiamo bignole, ovvero i pasticcini alla crema in varie fogge, sapori e colori: sarebbe imperdonabile venire a Bra senza assaggiarne almeno una decina.

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La Bottega Alimentare Local

Dopo aver fatto una tappa a metà mattina per caffè e croissant è ora di pensare al pranzo. Per quanto adori mangiare, sono completamente negata in cucina: il massimo risultato gastronomico l’ho ottenuto facendo una pasta con i pomodorini saltati in padella. Al punto che nella classe di Masterchef non sarei promossa nemmeno per lavare i piatti. Ma da quando a Bra ha aperto Local, qualche volta riesco a preparare il pranzo con le mie mani, ottenendo risultati accettabili.

I tre giovani gestori di questo negozio nel cuore di Bra hanno avuto l’idea ambiziosa di ridare vita a quella che un tempo era l’anima dei paesi di provincia: la bottega alimentare, dove era possibile comprare qualunque cosa, dal pane del forno dietro l’angolo al latte del contadino della fattoria, dai pomodori dell’ortolano al miele dell’apicoltore. Dove il proprietario conosceva tutti i clienti per nome, e dove si poteva andare a fare la spesa pur avendo dimenticato il portafoglio a casa, tanto ci si fidava uno dell’altro.

bra-local-dove-mangiare

L’obiettivo di Local è di offrire un luogo di incontro tra i produttori e i consumatori, permettendo a questi ultimi di conoscere meglio il territorio. Così capita spesso di incontrare i contadini che portano i prodotti – frutta, verdura, formaggi – intenti a spiegare a un cliente cosa sta comprando e a dare idee sulle preparazioni e le ricette. Qui è possibile comprare tutto il necessario per un pasto, dall’antipasto al dolce, bevande incluse. E quelli come me, per i quali cucinare è più difficile che risolvere un’equazione di terzo grado, possono ordinare un piatto di salumi, formaggi e focaccia, accompagnati da un bicchiere di vino piemontese.

Pocapaglia e la Masca Micillina

Dopo pranzo è d’obbligo una tappa a Pocapaglia, piccolo borgo di appena tremila anime alla periferia di Bra. Nel paese delle rocche e dei burroni si racconta ancora oggi la storia della Masca Micillina, una strega in grado di comunicare con gli spiriti maligni e con il diavolo. Ci sono parecchie versioni della storia, ma quella più accreditata narra di una donna di nome Michelina (e da qui, Micillina) originaria di un paese vicino e data in sposa a un uomo di Pocapaglia dai modi burberi e violenti.

Per sottrarsi alle violenze del marito, Michelina era solita nascondersi per giornate intere nei boschi. Nessuno in paese osava avvicinarla, sia per via dei suoi modi schivi, sia perché era una forestiera. Proprio per questo le venne affibbiato il nome di masca, a indicare una donna malvagia. Le circostanze non furono d’aiuto alla poveretta che, tornata un giorno a casa dal mercato, trovò il marito senza vita, accanto a un albero di gelso. La voci sul suo conto furono sufficienti per convincere i compaesani dell’uomo che Michelina fosse una strega. La donna venne così accusata di stregoneria, torturata e bruciata sul rogo. Ancora oggi, a oltre trecento anni di distanza, gli anziani del paese sono certi di aver visto la Masca Micillina aggirarsi per i boschi e le rocche di Pocapaglia, insieme ad altre sue compagne di stregoneria.

Pocapaglia

Con qualche ora a disposizione e un paio di scarpe da trekking è possibile percorrere i sentieri della Masca, scoprendo le storie e le tradizioni popolari che vengono tramandate da una generazione all’altra. Partendo dal centro di Pocapaglia si passa per sentieri impervi attraverso boschi e campi, per arrivare al Bricco della Masca, la collina dove, secondo le leggende, fu bruciata la strega.

Osteria La Pimpinella

Nel frattempo si è fatta ora di cena, e la camminata tra le rocche di Pocapaglia ha messo appetito. A Bra e dintorni c’è l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda le osterie, partendo dall’Antica Corona Reale di Cervere passando per il Centro di Priocca: entrambi a pochi chilometri dalla città in cui vivo, entrambi stellati Michelin. Ma voglio provare qualcosa di nuovo, per cui prenoto un tavolo all’Osteria La Pimpinella, aperta solo da pochi mesi nei locali che trent’anni fa ospitavano la Trattoria da Baffo, storico locale braidese.

Silvia e Manuel sono due ragazzi giovani, cresciuti nel mondo della ristorazione piemontese: lei in sala, impeccabile, e lui in cucina, intento a dedicarsi alla creazione dei piatti. Chissà se la loro storia assomiglia a quella di Louis e Victoire, i due giovanissimi protagonisti del romanzo di Grégroire Delacourt da cui prende il nome questo locale nascosto in una viuzza buia e stretta. Giovani non significa necessariamente inesperti, anzi: Manuel ha la maestria di uno chef del doppio dei suoi anni, e questo si riflette nei suoi piatti. Si inizia con gli amuse-bouche, serviti su un piatto di ardesia: salsiccia di Bra impanata con nocciole e cotta al forno, salsa di ceci con barbabietola rossa grattugiata, e zucca fritta con bacon.

bra-la-pimpinella

Passiamo poi all’antipasto, un muffin di carote con cuore di formaggio Raschera servito su un letto di fonduta, seguito dai tajarin al sugo di salsiccia, per finire con il secondo, un morbidissimo assaggio di guancia di vitello brasata con cipolle caramellate e purè di patate. A questo punto non c’è proprio più spazio per il dolce, ma con un bicchiere di Barbera d’Alba di Renato Ratti mi convinco a fare uno sforzo. La mousse di cioccolato bianco ne vale la pena: è la conclusione ideale di un pasto e di una giornata dedicata alla mia città.

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Informazioni sull'autore
Originaria di un piccolo paese della provincia piemontese, dove vive da sempre. Lavora in un ufficio in una stradina secondaria, ma immagina di abitare a Notting Hill, di lavorare a Williamsburg, di prendere un aperitivo a Montmartre e di cenare a North Beach. E di fare shopping sulla Fifth Avenue. Non sa cucinare, ma adora mangiare. Conosce posti nuovi attraverso il cibo e le tradizioni culinarie. Non riesce a fare a meno di raccontare quello che ha scoperto agli altri.
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